[cmsmasters_row data_width=”boxed” data_top_style=”default” data_bot_style=”default” data_color=”default” data_padding_bottom=”60″][cmsmasters_column data_width=”1/1″][cmsmasters_text]

Una delle richieste più frequenti che capita di ricevere in una web agency è quella di sviluppare un progetto e-commerce. Che si tratti di un business tradizionale che cerca sbocchi in rete o di un nuovo business da strutturare interamente online, il web è visto da tutti come il naturale approdo di qualunque iniziativa imprenditoriale. Se ciò è assolutamente pacifico in senso assoluto (in futuro compreremo sempre di più online), è altrettanto vero che il successo non è automatico, anzi, e che il mercato è assai più selvaggio di quanto possa apparire.

E’ un fatto che oltre l’80% degli e-commerce siano in perdita o non arrivino a raggiungere gli obiettivi minimi per sopravvivere – qui parliamo di e-commerce “tradizionale”, non prendiamo in considerazione tutte le forme di commercio “ibrido” che pure esistono ma che meriterebbero un discorso a parte. Ciò significa che su 5 e-commerce che aprono, 4 falliscono nei primi due anni. Dall’altra parte ci sono i dati entusiastici che vengono diffusi da anni, dati che parlano di crescita vertiginosa del settore. In effetti, e questa è una info che spesso si evita di comunicare a chi si avvicina al settore, ciò a cui assistiamo da anni è un allargamento del mercato cui fa il paio una sempre maggiore polarizzazione dei player. In parole povere Amazon e suoi fratelli continuano a fare affari d’oro (innescando delle dinamiche ai limiti del paradossale come leggete qui) mentre i piccoli player locali o comunque settoriali annaspano in un mare di difficoltà.

Faccio questa premessa perché negli ultimi anni in Artsia ci siamo occupati di e-commerce anche troppo e ritengo personalmente di poter capire, e condividere, qualche pensiero sul perché molti (troppi) progetti e-commerce falliscono e su quali siano i veri fattori che determinano il successo di un progetto e-commerce.


Primo motivo di fallimento – Non si Posseggono i Requisiti

Come prima cosa dobbiamo escludere tutti i progetti improbabili (e sono più di quanto si pensi) promossi da gente convinta di vendere prodotti improbabili o di attuare modelli inattuali perché gli stessi hanno funzionato trenta anni fa sul territorio quando l’imprenditore ha cominciato la sua attività. Questo primo punto è importante: il web è “disruptive” e immediatamente globale, si compete con decine di player nazionali e anche spesso internazionali con modelli di business evoluti e strategie aggressive. Non si possono vendere, ad esempio, delle scarpe da ginnastica con un ricarico del 400% sul prezzo d’acquisto come si faceva quando c’era un solo negozio nel raggio di 25 km che le aveva. Se non si hanno i requisiti di business è abbastanza inutile anche solo cominciare. Troppo spesso quando si discute con i consulenti e-commerce/seo/digital o quello che sia, tutte queste cose non vengono esposte, ma si fa leva sul cosiddetto Digital Divide e sull’asimmetria di informazione sulla quale vive (e lucra) una buona parte di coloro che si definiscono a vario titolo “Enabler Digitali” (ognuno poi ha il suo job title: search marketer, seo, Guru dei social, consulenti e-commerce, web marketer, sviluppatori e chi più ne ha più ne metta).


Secondo motivo di Fallimento – Non si Conoscono gli Obiettivi

Ammettiamo che si possiedano i requisiti, che si abbia potenzialmente il valore per potersi affacciare al mondo dell’online, spesso si parte senza sapere dove si deve arrivare. Questo è un problema che mi tocca da vicino ed è tanto ovvio, quanto facile da ignorare quando si comincia. La maggior parte delle persone che approcciano l’e-commerce non ha nessuna idea degli obiettivi che si devono raggiungere per poter sopravvivere. Può sembrare paradossale ma è così. Non hanno idea dei costi, non pensano di dover spendere denaro in acquisizione, ritengono che “un sito ottimizzato dovrebbe generare sufficiente traffico per sorreggere le vendite” e così via con amenità del genere. Molti colleghi attribuiscono questo tipo di dinamiche al Digital Divide ma in realtà non è necessariamente così. Quando si delinea un Piano Operativo per un e-commerce è indispensabile sapere come fare inbound, quanto investono i possibili competitor in Search, come gestire il CRM e cose del genere. Oltre ai costi e al carico operativo, è indispensabile anche ipotizzare quali risultati si possono raggiungere con il suddetto investimento. Se non si hanno delle proiezioni di quanto si possa realisticamente vendere, acquisire, fidelizzare facendo le azioni che volete fare, allora sappiate che state sbagliando qualcosa.

Semplificando molto per ragioni di esposizione si può dire che gli obiettivi andrebbero determinati nel seguente modo (quella che segue è una semplificazione necessaria, a seconda dei casi ci sono fattori che pesano di più o di meno):

 

Determinare il “costo” di una conversione: Per vendere un oggetto dovrete necessariamente spendere dei soldi, siano essi spesi per una campagna AdWords, Seo, riconosciuti ad un partner in affiliazione o spesi in mille altri modi, si tratterà sempre di un costo che si può chiamare “costo di acquisizione cliente”. La formula per ottenere questo numero varia in maniera consistente a seconda del settore, della reputazione e dello stadio di sviluppo del progetto (un negozio nuovo non lo conosce nessuno quindi si spende di più per acquisire) ma grossolanamente può essere ridotto ad una semplice formula:

  • Fate una somma dei costi che avete deciso di sostenere per fare inbound: seo, sem, affiliazioni, dem e quant’altro. Per ottenere un modello scalabile e preciso escludete i costi di realizzazione del sito, i costi di gestione dell’ordine e altre spese; concentratevi sull’acquisizione del cliente e considerate il resto come dato.
  • Prendete i dati sugli accessi al vostro sito (su questo ci torniamo dopo perché spesso i dati che si hanno sono capziosi e traggono in inganno) e, con una semplice divisione, otterrete il costo che sostenete per ogni singolo visitatore. Per convenzione il numero che risulta più utile è il costo di 100 visitatori, ma è lo stesso: se avete il costo per 1 avete il costo per 100.
  • A questo punto chiedetevi: posto che 100 visitatori mi costano X, quante conversioni posso aspettarmi? E’ chiaro che questa domanda non ha una risposta precisa e predeterminata, e il valore è influenzato da una miriade di fattori specifici che cambiano da situazione a situazione. Se si possiede uno storico è possibile avere questo dato da Analytics ma se non si hanno esperienze pregresse bisogna applicare una formula astratta e correggerla poi in corso d’opera. Per semplicità siate conservativi e ipotizzate che il vostro tasso di conversione sia l’1% e che quindi il costo di acquisizione di una conversione sia pari al costo di acquisizione di 100 visitatori. Si tratta ovviamente di un’astrazione e di un valore a priori, ma vi serve a ipotizzare e ad avere un’idea di quelli che possono essere i costi/ricavi. Sappiate che non sarà veramente così, ma serve un modello per operare.

 

Determinare il “valore” di una conversione: Anche qui dipende molto dalla situazione, dal tipo di prodotto o servizio che si vuole vendere, e dal mercato di riferimento. E’ necessario però determinare il valore medio di una conversione; è un parametro sul quale misurare i costi medi di acquisizione di cui abbiamo appena parlato. Se non si ha uno storico si può fare una media, più o meno soppesata a seconda dei casi, tra il valore dei prodotti che si vendono e ricavare così uno “scontrino medio”. Confrontandolo con i costi di acquisizione si ottiene un valore medio che può servire a capire quanto “pesa” l’attività di acquisizione sulla redditività della vostra azienda: per esempio se il costo di acquisizione è pari a 5€ per 100 visitatori, il peso dell’acquisizione sarà pari al 5% dei ricavi sul vostro Business Plan.

Ancora una volta: si tratta di dati astratti che andrebbero particolareggiati e circostanziati a seconda dei casi ma la teoria generale è questa. Ovviamente, quando questa attività viene svolta davvero, si conducono analisi molto più precise che utilizzano formule meno rudimentali di quelle che per necessità vengono qui esposte. Il mio consiglio è quello di redigere una vera e propria “analisi preliminare” e nel caso non si sia in grado di farlo è assai utile rivolgersi all’esterno (anche sostenendone i costi) e farla realizzare. Come detto, può far risparmiare molti più soldi in seguito e può determinare il successo o l’insuccesso del progetto.


Terzo motivo di Fallimento – Non si capisce dove si sbaglia

Ammettiamo che anche la seconda difficoltà venga superata e che si abbiano in testa gli obiettivi, lo schema delle attività, dei costi (umani ancor prima che economici) da sostenere. Supponiamo che in teoria tutto funzioni. Troppo spesso si perde la bussola perché non si ha cognizione di quello che succede dal momento in cui si va online. Questa criticità è quella che grava maggiormente sui professionisti Digitali (ossia su quelli come me), siano essi un’Agenzia che “cura il Search Marketing e l’Analytics” o siano essi interni all’azienda (di solito si chiamano “reparto marketing” nella nomenclatura arcaica vigente in Italia, io personalmente non ho mai capito bene cosa facciano). Quello che succede è che si prepara un sito, si allocano budget per questo e per quello, e poi si sta lì, in attesa di qualcosa (la conversione, la vendita) che tarda ad arrivare. Non esiste una spiegazione unica per determinare il perché di tutto ciò, è necessario analizzare per capire, ed è qui che la cosa si blocca. Quando si analizza un e-commerce e la miriade di fattori che ne determinano o meno la riuscita è necessario distaccarsi dalle cosiddette metriche di vanità su cui – non si capisce perché – ci si focalizza per il 95% del tempo. Alcuni esempi, tra i più diffusi, sono: (1) la durata delle Sessioni e delle Pageview genericamente intesi o (2) la Bounce Rate. Essi non sono infatti parametro di business in sé, ma sono spesso parametri di vanità che non ha nulla a che vedere con il business. Non ci sarebbe neanche da dilungarsi su questo tipo di metriche che possono anche avere un valore all’interno di contesto di analisi complesso e omnicomprensivo, ma che prese da sole lasciano il tempo che trovano.

Questi sono un paio di esempi di metriche che si trovano spesso sui report e-commerce e che sono appunto, metriche di vanità; si potrebbe continuare all’infinito. Il problema più generale è quello di integrare metriche specifiche che strumenti come Google Analytics offrono all’interno di analisi di business più complesse che facciano comprendere come vengono acquisiti gli utenti (che sono i potenziali clienti), quali difficoltà incontrano nel comprendere la nostra offerta (sito non navigabile, prezzo eccessivo, scarse informazioni, etc.); che cosa consultano, dove escono e perché.

L’analisi dei dati, del processo, è uno dei fattori critici per il successo dell’e-commerce, e nonostante questo è uno tra i meno considerati. Non saprei dire perché questo avvenga ma sta di fatto però – sia che si tratti di un problema di competenze, di attribuzione o di budget – che se non avete idea di quello che accade dopo che siete online, allora probabilmente state sbagliando qualcosa.


 

Conclusione

Concludo con qualche piccola riflessione rivolta a chi volesse affrontare l’avventura dell’e-commerce e il suo start-up.

Per prima cosa NON andate in giro a chiedere preventivi per il sito, pensando che si cominci da lì. Cominciate analizzando la vostra capacità di affrontare il mercato e fatevi delle domande: Sono competitivo? Esiste qualcuno che offre il prodotto/servizio che ho in mente di vendere? Non abbiate paura di svolgere un’analisi preliminare, sostenendone anche i costi se dovete rivolgervi all’esterno, studiate i competitor, i numeri, abbiate i prospetti dei costi e dei possibili ricavi delineati prima di partire. Questo è un punto fondamentale che può fare la differenza.

Cercate di ipotizzare e quantificare i volumi e la qualità del traffico che dovrete acquisire e come li acquisirete, facendo sempre attenzione al tasso di conversione che pensate di poter produrre. Fissatevi degli obiettivi. Come faccio a generare TOT di conversioni? Cosa mi serve? Qual è il modo più semplice per ottenerlo? Quanto costa? Dopo quanto tempo posso raggiungere questi obiettivi? Un approccio del genere vi aiuterà ad essere competitivi e a capire come riuscire a costruire un e-commerce di successo.

[/cmsmasters_text][/cmsmasters_column][/cmsmasters_row][cmsmasters_row data_padding_bottom=”50″ data_padding_top=”100″ data_color=”default” data_bot_style=”default” data_top_style=”default” data_width=”boxed”][cmsmasters_column data_width=”1/1″][cmsmasters_social facebook=”true” twitter=”true” google=”true” type=”horizontal” animation_delay=”0″][/cmsmasters_column][/cmsmasters_row]